Bandog: un’insensata ingiustizia

il Bandog

Un Bullmastiff può essere definito un Bandog.

Con il termine “Bandog” non ci si riferisce ad una razza canina ma piuttosto ad una tipologia di cani. Probabilmente ne hai sentito parlare: con questo articolo proviamo a fare chiarezza e a capire insieme quali cani possono essere definiti “Bandog” e le difficoltà che si incontrano ad allevarli.

Cosa si intende con „Bandog“?

Quando si parla di Bandog ci si riferisce a quei grandi cani dall’aspetto spaventoso concepiti proprio per suscitare timore in chi li osserva. Non si tratta quindi di una razza canina, ma un tipo di cane il cui background è a dire il vero piuttosto problematico.

Purtroppo, infatti, si tratta di cani che devono vivere alla catena gran parte del loro tempo. Ecco perché si è diffuso questo termine: “bandog” nel senso di “cane alla catena”. In parallelo è nato anche un altro termine inglese, vale a dire “chain dog”, con lo stesso triste significato.

Di solito si tratta di cani da guardia i quali sono costretti a vivere, ad esempio, durante il giorno legati ad una catena o in un canile e di notte liberi al solo scopo di controllare il perimetro di una fabbrica o di un cantiere.

Tuttavia, i Bandog non sono normali cani da guardia: sono animali molto grandi e dall’aspetto maestoso che deve intimorire. Di solito poi vengono addestrati proprio a tale scopo, e quindi sono particolarmente coraggiosi, determinati, e vengono allevati con la sola finalità di instillare paura. Il più delle volte, questi poveri cani devono vivere tutta la loro vita legati.

Hai in mente un Bandog che vorresti aiutare? La prima cosa da fare è parlare con i proprietari. Forse puoi trovare un modo pacifico di migliorare la situazione di questo amico a quattro zampe. Se invece il proprietario si mostra irragionevole, ci sono una serie di passaggi che puoi fare.

Puoi contattare l’ufficio veterinario dell’azienda sanitaria della tua zona (ogni Regione ha i suoi uffici competenti in materia di sanità animale) o un’organizzazione per la tutela degli animali come OIPA Italia o l’ENPA e spiegare la situazione così da poter aiutare questo cane in difficoltà.

In Italia tenere un cane sempre alla catena è un reato perché rappresenta una forma di maltrattamento. Tuttavia ogni Regione ha deroghe e norme diverse, che consentono di ricorrere parzialmente alla catena a determinate condizioni. In nessun caso, però, è permesso maltrattare un animale.

Di conseguenza, se sei al corrente di una situazione di maltrattamento puoi e devi contattare la pubblica sicurezza (Polizia o Carabinieri) e segnalare la presenza di un cane maltrattato.

Perché il cane alla catena dovrebbe sempre essere considerato un reato?

Già il termine “cane alla catena” fa subito storcere il naso a chiunque ami gli animali. Certamente non è il modo di far vivere un pelosetto, legarlo alla catena lasciando che viva la gran parte del tempo da solo e inattivo, al solo scopo di fargli controllare una proprietà.

Chi lo fa non ha a cuore le esigenze del suo animale e lo costringe a vivere del tutto contro natura.  Questo perché i cani sono animali molto socievoli che hanno bisogno di rapportarsi con altri cani e con i loro umani. Sono animali che vivono in branco.

Inoltre hanno necessità di muoversi, di spostarsi nel loro ambiente. Adottare un cane per poi tenerlo sempre alla catena è un abuso: significa trattare il cane come un oggetto, come un antifurto. Ovviamente questo riguarda i Bandog come qualunque razza canina.

Ha senso parlare di “modo corretto” di tenere un cane alla catena?

Ogni Regione disciplina questo ambito in maniera autonoma. Purtroppo non ci sono ancora linee guida uniche e le differenze tra una Regione e l’altra sono notevoli. Resta il fatto che, a livello nazionale ed europeo, si parla di maltrattamento quando una contenzione viene usata in maniera tale infliggere sofferenza all’animale.

Viene quindi da chiedersi come possa la catena essere compatibile con il concetto di vita animale senza sofferenza. Per legge, il cane alla catena deve essere in grado di trovare rifugio in una cuccia senza ostacoli e deve potersi acciambellare al suo interno. La cuccia deve anche offrire protezione dalla pioggia e dal freddo, e il cane deve poter raggiungere la ciotola dell’acqua.

Ma anche a queste condizioni resta il problema dell’attività fisica, della socializzazione e della qualità di vita. Un cane costretto alla catena non è libero di muoversi né di interagire con altri simili. Non riceve affetto e non è mentalmente attivo. Mangiare, bere e dormire non sono le sole esigenze di un cane: questo è un dato di fatto su cui bisogna convenire.

Bandog: quali razze di cani vengono impiegate?

Quella del Bandog non è quindi una razza canina, anche se alcuni proprietari la pensano diversamente. La realtà è che si tratta di cani di varie razze che vengono allevati e utilizzati come Bandog. Per lo più sono cani di grossa taglia del tipo molossoide come il Presa Canario o razze come il Bull Terrier.

Alcuni con il termine Bandog si riferiscono ad un cane di una determinata razza, in particolare ad un mastino/molossoide come il Bullmastiff, il Bordeaux Mastiff, il Mastino Napoletano, il Boxer Tedesco o il Rottweiler. Altri invece fanno riferimento ad una razza mista con le caratteristiche del cane da guardia che non conosce paura.

Che si tratti di razza pura o mista, quello che in genere questi cani forti e massicci hanno in comune è il loro passato. Già nel Medioevo, infatti, per il loro comportamento e il loro fisico venivano usati come assistenti di supporto nella caccia ai cinghiali e anche come cani da guardia.

In effetti i cani simili ai Mastini sono coraggiosi e portati a difendere il loro umano. Sfortunatamente, questa loro splendida caratteristica nelle mani sbagliate può venire facilmente utilizzata impropriamente, trasformando questi cagnoloni in un’arma pericolosa.

Questo è lo scopo del Bandog, purtroppo: il nome viene infatti associato ad un cane imponente, spesso scelto per dare al suo umano “un’immagine da duro”. Un cane usato come uno status symbol, insomma, molto lontano dall’ideale di convivenza amorevole e rispettosa che pensiamo debba essere alla base del rapporto cane-uomo.

Cani imponenti e dal temperamento coraggioso sono spesso usati come Bandog, al di là della razza.

Le origini del „Swinford-Bandog“

Negli anni ’60, il veterinario inglese John Swinford decise di impegnarsi nella selezione genetica di determinate razze canine allo scopo di creare il Bandog, ossia il perfetto cane da lavoro inteso qui nel senso di cane da guardia e da difesa personale.

Al di là dei criteri estetici, questo animale – frutto di generazioni di selezione mirata – avrebbe dovuto avere un temperamento tale da renderlo perfetto proprio per la guardia e la difesa del suo proprietario.

Swinford pensava infatti che nell’allevamento dei cani si fosse finito con il concentrarsi troppo sull’aspetto e troppo poco sul temperamento e sulla salute degli esemplari.

Il suo obiettivo quindi era selezionare in maniera attenta per lo più English Mastiff e American Pitbull Terrier, ma anche razze miste, per creare lo “Swinford Bandog”.

I suoi sforzi diedero i risultati sperati e per un po’ televisione e giornali ne parlarono. Ma dopo la sua morte, nel 1971, di fatto si smise di allevare Swinford Bandog e in qualche modo si ricominciò da zero, cercando di creare il perfetto cane da guardia e da difesa incrociando le razze più imponenti e coraggiose. Solo negli Stati Uniti ci sono ancora alcuni appassionati di Swinford Bandog.

I Bandog oggi: è permesso allevare questi cani?

In Europa oggi, quando si dice Bandog o chain dog si pensa quasi automaticamente a cani aggressivi o che incutono paura, che rappresentano una sorta di status symbol per persone di determinati ambienti.

Ne fanno tristemente parte anche i cani allevati appositamente per prendere parte a combattimenti – una pratica vietata dalla legge – e che vengono quindi, purtroppo, selezionati con quelle specifiche finalità. In molti Paesi i Bandog compaiono negli elenchi dei cani vietati o per detenere i quali è necessario un patentino.

In Italia alcuni Comuni hanno già previsto restrizioni di questo tipo: a Milano, ad esempio, per detenere cani come Pittbull, Rottweiler, Lupo Cecoslovacco e Bull Terrier è necessario seguire un corso di addestramento/educazione canina e dimostrare di essere in grado di gestire adeguatamente questo genere di cani.

Non smetteremo mai di sottolineare un fatto, però: in questi casi il problema non sono i cani o le razze canine, ma le persone che non sanno prendersene cura in maniera idonea o che addirittura li scelgono con la finalità di farne delle armi da difesa, invece di un compagno di vita fedele e affettuoso.

Perché non bisogna comprare un Bandog

Evita di acquistare un cosiddetto “cucciolo di Bandog“. Quello che porterai a casa, in quel caso, sarà un cagnolino senza documenti, di cui ignori le condizioni di salute sue e dei genitori, perché gli allevatori seri di solito non si dedicano a questo genere di cani.

Se sei interessato ad un cane di taglia grande, puoi rivolgerti agli allevatori specializzati in cani di razza molossoide. Il vantaggio, oltre ai documenti che ti offrono garanzie sull’origine e sulla salute del tuo cucciolo, sta nel cane stesso.

Gli allevatori seri hanno cuccioli equilibrati e dal temperamento stabile perché si preoccupano del benessere dei loro pelosetti. Desiderano dare vita a cucciolate sane, di cani con un bel carattere forte ma equilibrato, e per riuscirci allevano i loro cuccioli in maniera idonea alla specie, valutando attentamente in quali mani affidare poi i loro cani.

In generale, ti consigliamo di evitare gli eccessi come cani molto pesanti o di taglia gigante con molte pieghe sul muso, o dal muso molto corto e piatto. E ricorda che anche nei rifugi per animali e nei canili puoi trovare splendidi esemplari di molossoidi in cerca di una seconda chance, desiderosi di diventare i fedeli compagni di vita del loro umano.

Se decidi di adottare un Bandog adulto da un canile o da un’associazione per la tutela degli animali, ti consigliamo di informarti in anticipo per conoscere a fondo la storia di questo cane. Tieni presente che di solito gli animali che sono stati allevati come “status symbol intimidatori” o come cani da catena hanno pesanti deficit educativi che si ripercuotono sul loro comportamento.

Sono quindi amici di zampa un po’ particolari, che hanno bisogno di un proprietario molto esperto. Per ottenere rispetto e soprattutto un atteggiamento docile e mansueto da un ex Bandog è necessario instaurare una relazione affettiva molto forte, oltre a tanto rinforzo positivo e una coerenza incrollabile.

Se adotti un Bandog o un animale come un Mastiff di cui non conosci la storia, non dovresti avere in casa né bambini piccoli né gatti o altri animali domestici. In tutti i casi il veterinario resta la figura di riferimento con cui confrontarti, in questo come in tanti altri casi, ogni volta che hai dubbi o sei in cerca di un consiglio legato al mondo dei pet.

La scheda del Bandog

In breve: Il Bandog è una razza di cani di taglia grande, sviluppata per la difesa personale. È noto per la sua forza e resistenza.
Altezza al garrese: Maschio: 63-77 cm; Femmina: 58-72 cm
Peso: Maschio: 50-70 kg; Femmina: 45-60 kg
Aspettativa di vita: 8-10 anni
Prezzo: Non quantificabile in un range
Carattere: Coraggioso, leale, protettivo, vigile, intelligente
Pelo: Corto e fitto, può essere nero, marrone, tigrato o grigio
Cibo: In media mangia 2-3 volte al giorno.
Colore del mantello: Nero, marrone, tigrato o grigio
Difficoltà di addestramento: Alta
Cura del pelo: Richiede una spazzolatura regolare e un bagno quando necessario.
Bisogno di movimento: Il Bandog ha bisogno di almeno 1-2 ore di esercizio fisico al giorno.
Paese di provenienza: Stati Uniti
Adatto per: La razza Bandog è utilizzata soprattutto per la difesa personale e la sicurezza.
Attaccamento verso il proprietario: Molto alta
Bisogno di attenzione: Il Bandog ha bisogno di molta attenzione e interazione con il proprietario.
Capacità di apprendimento: Alta, ma richiede un addestramento coerente e paziente.
Compatibilità con gli altri animali: Il Bandog può essere aggressivo verso gli altri animali
Compatibilità con i bambini: Richiede la supervisione di un adulto a causa della sua taglia e forza.
Tolleranza al caldo: Media
Tolleranza al freddo: Media

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Da secoli, un meraviglioso tuttofare

Quando, a partire dal 1600, i cacciatori iniziarono a preferire le razze a pelo corto, il nostro amico Barbone conquistò in particolare una ben determinata categoria di persone: la nobiltà europea. Fa così che sempre più Barboni media mole, con l’aspetto ben curato e vezzoso, diventarono i protagonisti dei salotti di molte nobildonne. Da cane da caccia a cane da compagnia: la capacità di adattarsi di questo cane è dimostrata anche dalla sua storia. Siccome questi cagnolini non sono solo belli ma anche molto intelligenti, in passato non erano pochi i Barboni impiegati nei circhi con ogni genere di spettacoli. Grazie alla dedizione degli allevatori, soprattutto inglesi e francesi, negli anni questa razza canina si è caratterizzata sempre meglio diventando molto popolare. Il riconoscimento da parte della FCI è arrivato solo nel 1936, con l’indicazione della Francia quale Paese d’origine. Il Barbone grande mole e quello nano (Barboncino) sono la varietà più antiche: le altre due sono media mole e toy. Negli anni '60, il Barbone diventò estremamente popolare e diffuso in tutto il mondo: per il riconoscimento della varietà Toy, però, si è dovuto attendere sino agli anni '90. Ad un certo punto, tutto ad un tratto  l'entusiasmo per questa razza finì: il Barbone iniziò ad essere visto come un cane modaiolo ma soffocante. Ovviamente la responsabilità di questa cattiva reputazione dipende dagli umani che se ne occupano, non sempre in maniera adeguata e competente. L'americano John Sutor ha dimostrato anche quanto questa razza sia straordinariamente adattabile. Nel 1976 ha preso parte alla corsa di cani da slitta più dura del mondo (la Iditarod Trail Sled Dog Race) attraverso l'Alaska, con 6 , e fu uno dei pochi a raggiungere la meta. A dimostrazione che non è la razza ad essere antiquata, ma l'opinione (sbagliata) che molti ne hanno.

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