È l’ultima cosa a cui vogliamo pensare, ma al tempo stesso è un momento che sappiamo di dover affrontare, prima o poi: per questo è importante aver deciso in anticipo cosa fare quando muore il gatto. Ci sono diversi passaggi burocratici e formalità che non potremo ignorare, e la cosa migliore è arrivarci preparati sul piano pratico, per poter gestire la perdita senza ulteriori stress.
Sommario
- Noi e i nostri aMici: un rapporto del tutto speciale
- Gatto indoor e gatto libero: c’è differenza, a livello di normative?
- Cosa fare dopo la morte del gatto: a chi rivolgersi
- Anagrafe felina e microchip: perché con i gatti non è come con i cani?
- Ci sono cose “da fare” e cose che “non si possono fare”?
- Morte del gatto: le ragioni della burocrazia
- Le aziende private di onoranze funebri per animali
- Quanto costa far cremare o seppellire il gatto?
- Posso seppellire il mio gatto in giardino o in un terreno privato?
- Scheda riassuntiva: la morte del gatto
Noi e i nostri aMici: un rapporto del tutto speciale
Come sa bene chi vive con un gatto, la relazione che si stabilisce con queste creature speciali è sempre unica e irripetibile, perché si basa sull’imprevedibile mix che si viene a creare tra queste esseri un po’ misteriosi e il loro umano.
Il rapporto che si crea dipende moltissimo non solo dal nostro carattere e dalla nostra disponibilità ma anche dal temperamento e dalle esigenze del nostro amico di zampa. E questo perché non soltanto ogni gatto è diverso, per carattere e preferenze, ma ognuno di loro si rapporta in maniera del tutto speciale con le persone che lo avvicinano.
Al di là della razza felina a cui appartengono e della storia che hanno vissuto prima di incontrarci, i gatti tendono a prendere dal loro umano quello di cui hanno bisogno, coccole o cibo che sia, e a dare liberamente quello che sentono, contribuendo con la loro personalità a creare un legame speciale e diverso con ciascuno di noi.
Chiunque viva con più di un micio lo può confermare: il rapporto che si ha con ciascun gatto è molto diverso. I nostri amici felini non sono animali da branco e non rinunciano alla loro autonomia. Sono in grado di affezionarsi moltissimo ai loro umani, ma conservano sempre una specie di “spazio privato”, nella loro vita, che è necessario rispettare. Per questo a volte le persone preferiscono prendersene cura senza portarli a casa con loro.
Gatto indoor e gatto libero: c’è differenza, a livello di normative?
Soprattutto se hai un giardino o vivi in campagna, potresti aver adottato un micio che vive in una situazione di semi-randagismo, oppure che è semi-addomesticato. Significa che gli dai da mangiare, gli offri un riparo quando fa molto freddo oppure piove, te ne prendi cura se vedi che non sta bene, gli hai perfino dato un nome che lui riconosce, ma lasci che continui a vivere libero, perché lui preferisce così e perché tu vuoi rispettare questa sua autonomia.
Il gatto domestico fuori casa, che a noi piace chiamare anche “spirito libero”, è lo stesso “il tuo gatto”? Quando muore un micio di cui tu ti sei sempre preso cura con amore ma che non viveva in casa con te, insomma, devi pensare tu a gestire i suoi resti? Cerchiamo di fare chiarezza.
Cosa fare dopo la morte del gatto: a chi rivolgersi
In generale, il soggetto che ha il compito di gestire le spoglie dei nostri amici di zampa sono le aziende sanitarie regionali. Per questo motivo, ti consigliamo di procurarti sin da ora il numero che dovrai chiamare, nel caso in cui il tuo micio dovesse spegnersi tra le mura di casa.
Anche nel caso di dubbi o domande, vale la pena informarti per tempo chiamando direttamente il Servizio di medicina veterinaria dell’azienda sanitaria della tua Regione. Dando un’occhiata in rete non ti sarà difficile trovare i numeri di riferimento a cui rivolgerti per ricevere informazioni più dettagliate, anche perché, essendo recepita a livello regionale, ci sono alcune differenze da Regione a Regione.
Qualunque pratica tu debba fare dopo la morte del tuo animale d’affezione, cremazione o sepoltura che sia, avrai sempre bisogno del certificato di morte redatto da un veterinario, senza il quale non puoi legalmente procedere.
Anagrafe felina e microchip: perché con i gatti non è come con i cani?
A differenza di quanto accade con i loro cuginetti cani, però, chi decide di adottare un gatto non deve necessariamente sbrigare tutta una serie di procedure che, a livello burocratico, in qualche modo ufficializzano l’adozione del cane ma non quella del gatto.
Stiamo parlando prima di tutto dell’anagrafe: mentre con i cani l’iscrizione all’anagrafe canina della Regione di appartenenza è obbligatoria, lo stesso non può dirsi a proposito dell’iscrizione all’anagrafe felina, un passaggio che, per quanto consigliato dalla stessa AIMV (Associazione Italiana Medici Veterinari), resta volontario e quindi non obbligatorio.
Si tratta di una banca dati che registra i gatti dotati di microchip, abbinandoli ai loro umani. L’iscrizione viene effettuata direttamente dal veterinario, cosa che nel caso dei cani è ancora un’eccezione: di solito, infatti, con i cani occorre recarsi personalmente negli uffici dell’azienda sanitaria locale, per poter registrare il proprio cane presso l’anagrafe canina.
Ecco quindi che si arriva al secondo aspetto che differenzia cani e gatti, a livello di normative: con i gatti il microchip non è obbligatorio. Ovviamente senza questo piccolo dispositivo inserito sotto la pelle dei nostri amici animali non è possibile registrarli presso un’anagrafe perché non si avrebbe modo di identificarli.
Essenzialmente, quando muore un gatto domestico non è necessario cancellarlo dall’anagrafe felina e quindi non occorre portare alla ASL il certificato di morte redatto dal veterinario.
Se quando si adotta un cane, da canile o da allevamento che sia, il microchip è assolutamente obbligatorio e non è possibile formalizzare l’adozione senza registrare il numero di microchip sul certificato di proprietà, con i gatti questo non avviene e quindi anche le procedure da seguire dopo la loro morte sono un po’ diverse, più snelle.
Ci sono cose “da fare” e cose che “non si possono fare”?
Senza girarci attorno, la risposta è “sì”: anche se può sembrarti ingiusto e persino brutale, quando muore il tuo gatto non sei libero di comportarti come credi. Ci sono norme da conoscere e precise regole da rispettare.
Se il tuo gatto muore dopo una malattia, per cui al momento del decesso si trovava in un ambulatorio medico, di solito è il veterinario ad occuparsi di gestire le spoglie del tuo adorato amico di zampa. Ha bisogno del tuo consenso scritto ma, dopo averne dichiarato il decesso, il veterinario è autorizzato a smaltire il corpo come previsto dalle normative regionali.
A livello europeo, infatti, ogni Paese ha fatto proprie le norme inserite nel Regolamento (CE) n.1069/2009. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo tradotto quelle indicazioni in un decreto legislativo che stabilisce le modalità di gestione e smaltimento anche dei resti degli animali da compagnia, vale a dire degli animali non destinati alla macellazione.
Nel caso in cui non si rispettino queste norme, sono previste sanzioni.