Approccio diagnostico al prurito
Poiché esistono così tante possibili cause per il prurito nel cane, la basi irrinunciabili di una procedura strutturata della diagnosi da parte del medico veterinario sono un’anamnesi dettagliata e un rapporto preliminare quanto più possibile accurato. Per il medico, infatti, è possibile ottenere le prime informazioni utili già dalla segnalazione e dal rapporto preliminare fatto dal proprietario del cane. Vanno considerati in modo particolari i seguenti elementi:
- Informazioni di base, ossia: razza, sesso, età, taglia e peso del cane al momento della segnalazione
- Età dell’animale al momento delle prime manifestazioni della problematica (prurito)
- Eventuale presenza di sintomi analoghi nei genitori o in altri membri della cucciolata
- Localizzazione del prurito
- Eventuale stagionalità
- Eventuali altri animali o persone colpiti dallo stesso sintomo
- In caso di trattamento preliminare: risposta alla precedente terapia
- Si sono manifestati prima il prurito o le modificazioni della pelle?
Utilizzando queste informazioni e dopo l’esame clinico, il medico veterinario può iniziare a fare una diagnosi.
Gli ectoparassiti sono una causa di prurito molto comune e sono di norma facilmente rilevabili. È possibile riscontrare la presenza di questi parassiti nascosti con l’aiuto del raschiato cutaneo, dello scotch test (o tecnica del nastro adesivo Tesa), del test del pettine per le pulci o tramite l’analisi di alcuni campioni. Se nessuna di queste tecniche per la rilevazione dei parassiti dà esito positivo ma il sospetto clinico resta elevato, è necessario eseguire una terapia diagnostica, vale a dire somministrare un agente contro il parassita di cui si sospetta la presenza e attendere l’esito positivo della somministrazione.
Attraverso l’aiuto di campioni citologici o di un antibiogramma con rilevazione di agenti patogeni, è possibile identificare batteri e lieviti quali agenti patogeni. A questo punto è importante determinare la causa della colonizzazione da parte di questi microrganismi infettivi.
Esistono anche diversi metodi diagnostici per le infezioni micotiche (dermatofitosi canina). L’indagine con la lampada di Wood, ad esempio, è molto semplice: se è presente un’infezione micotica, la luce ultravioletta della lampada consente di vedere una fluorescenza verdastra sul fusto del pelo. Tuttavia, questo si manifesta solo nelle infezioni con alcuni ceppi di microsporum canis, quindi un risultato negativo non indica che non ci siano funghi della pelle ma solo che non vi sia quel particolare dermatofita.
Inoltre, è possibile creare una cultura di funghi. Il materiale per la coltura dei funghi può essere ottenuto strappando alcuni peli del cane, tramite raschiamento o tramite campionamento con il metodo McKenzie (si pettina il pelo passandovi attraverso un pettine reso sterile e si procede quindi alla coltura dei funghi).
Inoltre, esiste la possibilità di effettuare un test basato sulla coltura fungina o RT- PCR per l’identificazione dei dermatofiti: si tratta di un test disponibile presso diversi laboratori e che utilizza come materiale di analisi peli e scaglie di pelle.
La diagnostica allergologica è una sfida ancora più complicata, ma sfortunatamente non esistono test semplici e sicuri che ci dicano in maniera incontrovertibile di quale allergia si tratti. Ciò implica che possa essere utilizzato a fini diagnostici solo un trattamento strutturato dell’allergia. La diagnosi di allergia da contatto è spesso relativamente semplice, poiché il prurito si verifica molto localmente dopo il contatto con una determinata sostanza o un determinato materiale.
Per le altre allergie, si raccomanda la cosiddetta diagnosi di esclusione, il che significa escludere una dopo l’altra le possibili allergie: si inizia con l’allergia più comune e più facilmente diagnosticabile, ossia l’allergia alla saliva delle pulci. Usando il classico pettine per l’individuazione delle pulci non è difficile rinvenire questi parassiti o i loro escrementi.
Se non si trovano pulci, si avvia una terapia diagnostica per diverse settimane: qualora non si riscontri alcun miglioramento in seguito al trattamento antipulci ripetuto ed eseguito correttamente, si passa a verificare la possibilità che si tratti di una allergia alimentare. A tale scopo si passa ad una dieta di esclusione, la quale implica che il cane venga alimentato per almeno 6 settimane con una fonte di proteine e con carboidrati che non ha mai assunto prima. Il corpo dell’animale non può avere una reazione allergica a questo alimento se non è mai stato assunto in precedenza.
Ecco perché durante questo periodo il cane non deve mangiare nient’altro: anche gli snack devono contenere esclusivamente la proteina e la tipologia di carboidrati previsti dalla dieta. Nel caso in cui si constati un netto miglioramento del prurito e degli altri sintomi, o se durante la dieta i sintomi sono addirittura del tutto scomparsi, si deve somministrare il cibo che si era soliti dare al cane prima della dieta di esclusione. Questo passaggio è detto “provocazione”: solo se il cane reagisce di nuovo con gli stessi sintomi si ha la prova della presenza di un’allergia alimentare.
Nel caso in cui, viceversa, non si riscontrino miglioramenti a seguito della terapia diagnostica e dopo una dieta di esclusione, il sospetto più forte è quello che si tratti di atopia. In questo caso, al fine di determinare gli allergeni scatenanti, è possibile eseguire un test intracutaneo o un test allergologico per allergeni ambientali su siero. Se si sospetta si tratti di prurito secondario, è indispensabile ricercare la causa sottostante quale possibili disturbi ormonali, tramite ad esempio esami del sangue che includano i valori della tiroide.